Le mie “tangenti”

Torri Ligini

In questo momento a Roma ci sono due cantieri aperti e riguardano due complessi immobiliari particolarmente importanti, sono il recupero delle Torri dell’Eur e l’edificio dell’ex istituto geologico (Palazzo Canevari) a largo Santa Susanna. Sono due interventi i cui progetti sono stati avviati quando ero assessore nella giunta Marino.

I due complessi immobiliari fanno parte di una valorizzazione (a seguito della cartolarizzazione) avviata durante la giunta di Walter Veltroni grazie a un accordo con il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti. In entrambi i casi la valorizzazione prevedeva lo stravolgimento di questi due edifici, addirittura nel caso delle Torri la loro demolizione e la costruzione ex novo di un edificio residenziale di lusso. Nel caso di Palazzo Canevari l’accordo di programma prevedeva la realizzazione di un centro commerciale. Negli anni dal 2006 al 2013 per entrambi questi interventi la cittadinanza si era attivata per evitare questo scempio e la vera e propria speculazione che ci stava dietro.

Le Torri dell’Eur sono un complesso realizzato negli anni Cinquanta dall’architetto Ligini di notevole pregio e per questo  inserito nella Carta della Qualità del Piano Regolatore. Furono  acquisite dal Fondo immobiliare “Alfiere”, di cui avevano la maggior parte delle quote  imprenditori romani, da Toti a Marchini, e in base al progetto  presentato avrebbero dovuto essere demolite per diventare  appartamenti.

Contro questa decisione ci fu un appello di Renato Nicolini rivolto proprio a Veltroni per evitare la demolizione di quello che era un edificio simbolo della rinascita dell’Italia nel dopoguerra e il primo edificio di ferro e vetro nel cuore, tutto di travertino, dell’EUR. Anche il Dipartimento di Architettura dell’Università La Sapienza si pronunciò unanimemente contro quella decisione. Ma non ci fu nulla da fare e la demolizione iniziò con lo smontaggio delle facciate. Poi arrivò la crisi immobiliare del 2008/2011 e le Torri rimasero scorticate tanto da meritarsi l’appellativo di “Beirut”. Nel cuore dell’Eur i “privati” lasciarono una ferita aperta e l’albergo del Centro Congressi che aveva la vista su “Beirut” è rimasto invenduto per diverso tempo.

Lo stesso avvenne per Palazzo Canevari (ex istituto geologico) nonostante la mobilitazione di associazioni e comitati per scongiurarne la trasformazione nell’ennesimo centro commerciale nel cuore della città.

Nel 2014 da assessore ho avviato un confronto con la nuova dirigenza di Cassa depositi e Prestiti, che nel frattempo era entrata in possesso della quota di proprietà pubblica degli immobili, per scongiurare entrambe le speculazioni.

 Fu così che per le Torri, le quote dei privati del fondo immobiliare furono acquisite dalla TIM (Telecom) e la restante parte rimase in mano a Cassa Depositi e Prestiti. In entrambi i casi gli edifici ritornavano così ad essere uffici, quello che erano sempre stati e in conformità con il piano regolatore generale. Ottenemmo un risultato importante per la Città, la speculazione immobiliare (di privati) scongiurata, il ritorno delle proprietà immobiliari nel perimetro pubblico, l’attuazione del Piano regolatore invece che quella degli strumenti deregolatori come l’Accordo di programma siglato per la trasformazione di Palazzo Canevari. E la conservazione delle Torri di Ligini, dove Telecom avrebbe trasferito il suo quartiere generale, circa 4.500 addetti,  accettando di fare un concorso di progettazione interno regolato da un protocollo di intesa sulla qualità architettonica siglato con l’assessorato. Il progetto vincitore rispettò le linee di indirizzo fornite dal Dipartimento di Architettura de La Sapienza, lo stesso che si era opposto alla demolizione delle Torri a seguito dell’appello di Renato Nicolini.

Il 15 ottobre del 2015, con Marino già dimissionario, il progetto fu presentato agli uffici e  il permesso di costruire fu rilasciato a dicembre quando in Campidoglio c’era il prefetto Tronca.

Sono due interventi di cui vado particolarmente orgoglioso perché,  anche se si tratta di semplici progetti da autorizzare tramite permessi di costruire, consentono a questa città di tornare ad essere un luogo in cui le regole si rispettano e si fa solo l’interesse generale.

Sono orgoglioso del mio operato e ho affrontato con serenità  l’apertura di un’indagine a mio carico su queste due operazioni, anche se il prolungarsi degli accertamenti giudiziari mi ha esposto periodicamente alla ripubblicazione su vari organi di stampa, peraltro delle stesse notizie, senza mai avere la possibilità di replicare:  a partire dal febbraio 2016, quando sono stato oggetto di articoli per 11 giorni consecutivi, poi ancora  nel 2018,  nel settembre del 2019, e di nuovo pochi giorni fa.

Infatti, lunedi 31 maggio la trasmissione Report, senza peraltro sentirmi durante la preparazione del servizio “Intrighi di palazzo”, mi ha tirato in ballo in relazione all’intervento in corso a Palazzo Canevari,  ricostruendo  uno scenario di sospetto sui lavori,  e  sollevando un interrogativo sulla legittimità del permesso rilasciato dal Comune di Roma nel periodo del mio assessorato, per poi lanciarsi in una digressione sulla mia persona e sulle indagini che mi riguardano.

Oggi entrambi gli edifici sono in corso di ristrutturazione con i progetti autorizzati allora e in alcuni casi i permessi di costruire sono stati prorogati e rinnovati in anni recenti. Se fossero stati illegittimi, forse qualcuno avrebbe dovuto cancellarli, come  non è  mai avvenuto (in un caso addirittura la legittimità del Pdc è stata confermata dal Tar).

In ogni caso resta che a Roma ci saranno ancora le Torri di Ligini recuperate con un progetto di qualità che ne salvaguardia la stereometria originale e le attualizza dal punto di vista energetico e ambientale. Purtroppo, Telecom in seguito è uscita dall’accordo con Cassa depositi e non farà più sul laghetto dell’EUR  il suo quartiere generale. Ma io in ogni caso sono orgoglioso di aver fatto del mio meglio per salvare le Torri e forse anche Renato Nicolini è contento. Anche se  per queste scelte ho pagato e continuo a pagare un duro prezzo, sul piano personale e anche per la mia immagine pubblica.

Dal 24 dicembre 2015, giorno in cui appresi per la prima volta che c’era una indagine della Procura di Roma a mio carico (mi fu notificata come previsto per legge la richiesta di proroga di sei mesi dell’indagine) ho dato in ogni occasione tutte le spiegazioni e i dettagli di quello che è successo.

Ho fatto incontri pubblici in cui ho discusso dell’indagine e ho sempre puntualmente replicato alle accuse negli unici  canali a cui avevo accesso: interviste sui social e sulle mie pagine web.

Dopo circa due anni da quella comunicazione mi è stata data la possibilità di essere sentito dal PM: ho svolto tre interrogatori, poi un quarto nel gennaio del 2020. L’ipotesi di reato di corruzione si è poi tramutato in ipotesi di traffico di influenze.

 A oggi sono ancora in attesa dell’udienza presso il Giudice dell’Udienza Preliminare, dopo 6 anni in cui ho avuto modo di confrontarmi solo con il magistrato che rappresenta l’accusa. Sei anni nei quali alcuni giornali e i miei denigratori non hanno perso occasione per citare l’indagine e le accuse.

Non ho mai nascosto nulla delle “mie tangenti” semplicemente perché non ho nulla da nascondere: ho agito solo nell’interesse della città e mai nel mio interesse personale.

Si parla di “450.000 euro di consulenze per progetti da realizzare con altri professori della Sapienza”, ma io insegno in un altro Ateneo, a Roma Tre, e le consulenze invece erano tre proposte di borse di studio triennali per giovani ricercatori su argomenti e temi che non hanno nulla a che fare con le Torri; l’ammontare di 450.000 euro era quello delle borse di dottorato e sarebbero andati all’Università, non certo a me, e di certo non ai miei “colleghi” de La Sapienza.

 Io ho  fiducia nella giustizia e spero di poter avere quanto prima un giudice o un tribunale che possa finalmente mettere fine a questa spada di Damocle che pesa sul mio onore, sulla mia famiglia, sul mio lavoro, sull’impegno per la mia città.

Guardando i materiali dell’indagine ho scoperto di essere stato intercettato dal maggio 2015 al marzo 2016, quasi dodici mesi. La Guardia di finanza ha ascoltato “a strascico” le telefonate dall’assessore all’Urbanistica della Capitale per quasi un anno mentre trattavo tutte le questioni, dallo Stadio alle Olimpiadi  alle altre mille pratiche in agenda e alla fine mi viene contestato il reato di traffico di influenze.

Quando Marino è stato dimissionato e con lui la giunta, ho lasciato sul tavolo del mio ufficio, dopo aver rimesso tutto in ordine, un foglio con scritto: “ho ascoltato e incontrato tutti, ho deciso solo nell’interesse della città”.

Dopo la puntata di Report ho chiamato la redazione chiedendo il diritto di replica: mi hanno risposto che accettavano la mia richiesta, ma che mi avrebbero concesso l’intervista nella prossima stagione, alla ripresa forse a settembre.

Io vado avanti, con il mio progetto di città, con la mia candidatura alle primarie del centro sinistra per il Sindaco di Roma. Sapevo che non sarebbe stata una passeggiata, e mi confortano le tante persone che mi accompagnano e mi sostengono in questa campagna elettorale.

 

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